IL TEMPO (L. PES) – Una Roma dai mille colori quella pensata e messa in campo da Daniele De Rossi nelle sue prime sei uscite da tecnico della Roma . Una squadra camaleontica, che ha saputo cambiare moduli, interpreti e intenzioni di gara. La vittoria contro il Frosinone è soltanto l’ultimo esempio della capacità del tecnico giallorosso di saper affrontare momenti ed esigenze diverse a seconda dell’avversario e delle condizioni della sua squadra. Allo Stirpe DDR ha cominciato tenendo fuori Dybala, Pellegrini, Karsdorp e Llorente. Quattro titolari fissi delle prime gare dell’ex capitano e anche uomini chiave per Mourinho. Ha scelto di togliere un uomo a centrocampo a favore di Azmoun e infine ha chiuso con la difesa a tre al momento del rientro in campo di Smalling, seguendo le necessità tattiche dell’inglese. Un coinvolgimento globale della rosa, un turnover mirato e ragionato, ma soprattutto la scelta forte del portiere: la prima così forte da allenatore della sua squadra del cuore Mile Svilar è infatti diventato il nuovo numero uno dei giallorossi. Prima la conferma come portiere di coppa, poi il cambio definitivo di gerarchia con la titolarità in campionato. Una decisione figlia del calo vistoso di Rui Patricio e delle buone prestazioni dell’ex Benfica, che al momento rappresenta un profilo futuribile a Trigoria , molto più del trentaseienne portoghese in scadenza. Una squadra che in campo mostra un entusiasmo rinnovato, e che nelle cinque partite di campionato col nuovo allenatore ha vinto quattro volte, di cui due lontano dall’ Olimpico. Tanto quanto aveva fatto Mourinho nelle sue 20 partite in A. Numeri e risultati che stanno dalla parte di De Rossi e dei Friedkin , che rivendicano la scelta fatta a metà gennaio. Una decisione che li ha esposti a critiche ma che nella testa dei proprietari è sempre stata di campo e non solo di comodo. Giovedì all’ Olimpico c’è il primo bivio importante della gestione di De Rossi. Andare avanti in Europa aprirebbe strade nuove pur togliendo qualche energia al campionato, dove la corsa alla Champions League resta aperta seppur complicata vista la velocità alla quale viaggia l’Atalanta (l’ultima volta fermata proprio dalla Roma all’Olimpico lo scorso 7 gennaio). Lo sapeva dall’inizio che la conferma se la sarebbe dovuta guadagnare con i fatti DDR, in quattro mesi intensi e stimolanti per chi ha sempre sognato di sedere sulla panchina giallorossa. Le porte per lui non sono affatto chiuse: a Trigoria è in atto una rivoluzione che vede coinvolti diversi dipendenti, ma ancora del ds non c’è ombra e la scelta del tecnico, quindi, è rinviata. Daniele si gioca le sue carte, consapevole che così può arrivare lontano.
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